Nuovi laboratori democratici di immaginazione

Quali sono i bisogni per i quali ci siamo battut?

di Giuliana Ciancio

Dall’intervento di Giuliana Ciancio durante l’assemblea collettiva promossa da BASE DESIRESIDE Residenze Transdisciplinari, pratiche e modelli a confronto.
Una densa giornata di conversazioni, talk, panel e tavoli di lavoro. Il nostro auspicio è di poter dare a questo tipo di attività la continuità che meritano, avviando un percorso collettivo di risemantizzazione dei processi di ricerca artistica.


La discussione sulle residenze creative può essere strutturata valutando tre argomenti principali:

  1. Il ruolo delle istituzioni culturali (organizzazioni culturali e ONG).
    Qual è il loro ruolo oggi, considerando le sfide a cui stiamo assistendo?
  2. Il concetto di mobilità culturale
    Cosa significa muoversi e quanto le residenze creative e culturali sono spazi da cui partire e dove tornare?
  3. Il significato di “difendere”.
    Qual è il nostro ruolo in questo contesto specifico? Cosa dobbiamo chiedere per lavorare in questi elementi specifici?

In qualche modo, per rispondere a queste domande, possiamo ricollegarci al concetto di democrazia e ai suoi principi fondamentali: rispetto dei diritti delle persone, applicazione equa di norme e leggi, partecipazione attiva.

Parlando di democrazia culturale penseremo all’accessibilità culturale, alla valorizzazione della diversità e anche alla sperimentazione di diverse forme di processo decisionale. Quando parliamo di istituzioni culturali, intendiamo anche le residenze, perché fanno parte di un ecosistema più grande che non esiste nel vuoto ed è multiforme.

La cultura è l’arena in cui possiamo sperimentare e in cui possiamo fare esperienza.
Le residenze sono il luogo in cui siamo chiamati a collaborare e a coltivare nuovi immaginari democratici.

Essere coordinatore durante la residenza, sentire il cambiamento

Non si può essere solo coordinat^ della residenza, bisogna essere contabili e addett alle pulizie, bisogna essere una spalla su cui piangere, bisogna essere tutto per l’artista del proprio team. Il periodo in cui viviamo è molto impegnativo ma anche molto positivo, nel senso che possiamo percepire il cambiamento.
Il cambiamento è da qualche parte qui intorno a noi; le cose si stanno muovendo, stanno iniziando a girare e quindi una collaborazione intersettoriale è sempre più importante.
Naturalmente, è un’arma a doppio taglio, perché richiede anche molto di più alle persone che lavorano, e richiede molte competenze diverse.

Porosità

Le residenze, per la loro natura interna, devono essere porose: ciò significa che devono essere aperte alla società civile più ampia e al tempo stesso cogliere e affrontare le sfide democratiche e sociali, il che è sempre un compito complesso.

La società sta cambiando in maniera estremamente rapida. Dopo la pandemia, per esempio, l’emergenza ha cominciato a riguardare anche la salute mentale – si parla di una sorta di burnout globale – il che significa che ci sono molti ingredienti nell’aria, compresi la pressione del genocidio a cui stiamo assistendo, le persecuzioni per i comportamenti politici e la libertà di parola.

Inoltre, ciò che sta diventando fondamentale al giorno d’oggi è il fatto che le istituzioni tradizionali devono avere un dialogo aperto e costante con il settore indipendente. Se non sosteniamo questi luoghi – e questi luoghi scompariranno – il mercato perderà le novità, le idee che in genere alimentano il mercato mainstream dal terreno, dalle esperienze di base.
Pensiamo a tutti i processi di gamification ora applicati al patrimonio culturale:
si è trattato di grandi sperimentazioni che hanno avuto luogo in spazi istituzionali o indipendenti e che sono diventate mainstream solo in un secondo momento.

Ogni sottocultura alla fine diventa cultura mainstream. È così che il cerchio si chiude. La sfida sta ancora una volta nel sostenere queste idee e sappiamo che molte residenze stanno dando spazio a idee più sperimentali e radicali che possono portare un qualche tipo di cambiamento.

Fornire spazi per la creatività,
sperimentare meccanismi decisionali più orizzontali

Torniamo agli anni ’90 nel Regno Unito, dove sono nate le prime forme di co-programmazione, oggi molto diffuse: i Commons erano più radicali, nel senso che mettevano in discussione i rapporti di potere all’interno delle organizzazioni.

E poi andiamo avanti, fino alla Pandemia: tutti gli spazi comuni servivano a colmare la mancanza nel sistema. In molte occasioni, per colmare la mancanza di spazi per fare prove, per elaborare nuove idee, per sperimentare con interlocutori diversi, i Commons locali offrivano sé stessi e il loro tempo per creare questo tipo di supporti.

Un altro livello è legato all’elaborazione di norme, quindi all’elaborazione di quadri giuridici in diverse aree. L’Italia è stato uno dei casi in cui le norme giuridiche sono state applicate e progettate per trasformare le proprietà pubbliche in luoghi di uso civico. Questo è stato un cambiamento importante. Ancora, nell’idea di riformulare il rapporto tra pubblico e privato in modo terzo.

Infine, vorrei soffermarmi su come il processo di elaborazione delle politiche culturali dall’alto verso il basso e il regno culturale abbiano creato un nuovo spazio per elaborare, negoziare e creare un insieme. Direi che l’impatto dei Commons è stato molto importante per le residenze, ma anche per questa idea di porosità per le istituzioni culturali, perché questo tipo di circolarità che proviene dalle esperienze dal basso verso l’alto e che poi diventa mainstream è stata la stessa cosa per i Commons, che stanno entrando in quella che viene definita governance partecipativa – un concetto che la Commissione Europea ha utilizzato moltissimo.

Quindi, di nuovo, c’è questo enorme punto interrogativo: dov’è l’indipendenza? Dov’è la lotta? Dov’è il mercato? Queste sono le domande a cui stiamo cercando di rispondere oggi, a partire dalla Pandemia.
Stiamo navigando: forse le residenze creative e le residenze culturali stanno davvero giocando il loro gioco in questa sorta di “via di mezzo”, di cui dobbiamo essere sempre più consapevoli.

Potere

Dobbiamo distribuire il potere che abbiamo, ma dobbiamo anche recuperarne.
C’è una vera e propria dipendenza da finanziatori, da numerosi fattori esterni, dalla situazione politica, dal processo democratico di chi votiamo come leader; noi abbiamo un po’ di potere, forse minuscolo, forse impercettibile, ma ce l’abbiamo: dobbiamo rivendicarlo per essere più forti come settore e per lavorare insieme a livello internazionale.

Un punto cruciale è quello che riguarda le residenze come luoghi di ricerca.
Vediamo sempre più residenze che si svolgono senza aspettative di risultati o presentazioni da parte dell artist. L’idea centrale è la pratica di pratiche non produttive. Dare lo spazio per non fare nulla: camminare, cucinare, stare insieme in una stanza.
Tutte quelle attività che aiutano a dare maggiore libertà di pensiero e che danno un modo diverso di esprimere e fare ciò che si sta cercando di fare.

Siamo così bloccat in questo circolo vizioso di scrivere domande, aspettare che le domande siano approvate, raccogliere fondi, accogliere gli artisti, vedere quale colonna si è bruciata.
Sono tante le domande che ci passano per la testa: la cura è sia cura collettiva che cura individuale: non può esistere l’una senza l’altra. Devono coesistere.

è una cosa seria?

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