Estratti dal report prodotto dopo il workshop “Abitare Stanca” coordinato da Sarah Gainsforth, Enrico Gargiulo, Francesca Cognetti, Thomas Miorin, tenutosi a Trento, marzo 2023

di BASE Milano

La linea del colore. Le politiche sociali e abitative devono affrontare il razzismo strutturale: sono necessarie politiche attive antirazziste, che facciano della visibilità e della multidimensionalità della questione il punto principale dell’azione pubblica. Il ruolo dei mediatori e la definizione di un codice etico per le agenzie immobiliari possono offrire uno spazio per una logica sociale anche nel settore for profit.

Oltre lo sfruttamento abitativo. Il mercato sempre più incentrato sugli affitti temporanei e più redditizi apre a una maggiore precarietà abitativa. I contratti in nero, le truffe e le pratiche illegali, soprattutto per le persone con un background migratorio, sono all’ordine del giorno. È necessario un ruolo più incisivo del pubblico per garantire la sorveglianza e superare le pratiche ostili dei quartieri. Sono necessarie politiche pubbliche e di quartiere per l’integrazione tra le diverse comunità.

Percorsi di autonomia delle persone. L’uscita dai programmi di accoglienza è un passo critico per molte ragioni: occorre ripensare le modalità – spesso paternalistiche – dell’accoglienza e facilitare i processi di abilitazione ed empowerment delle persone e delle comunità. La soglia di reddito che impone l’uscita dall’accoglienza (6.000 euro) è insensata: incoraggia il lavoro nero, non riconosce l’onere delle rimesse ai Paesi di origine e alimenta – di fatto – le pratiche di sfruttamento nei confronti di queste persone, come ricatto per il rischio di rimanere in strada. Vanno agevolate soluzioni abitative temporanee (anche con il supporto del terzo settore: ostello sociale) che tamponino le situazioni di precarietà.

Percorsi di autonomia delle persone. L’uscita dai programmi di accoglienza è un passo critico per molte ragioni: occorre ripensare le modalità – spesso paternalistiche – dell’accoglienza e facilitare i processi di abilitazione ed empowerment delle persone e delle comunità. La soglia di reddito che impone l’uscita dall’accoglienza (6.000 euro) è insensata: incoraggia il lavoro nero, non riconosce l’onere delle rimesse ai Paesi di origine e alimenta – di fatto – le pratiche di sfruttamento nei confronti di queste persone, come ricatto per il rischio di rimanere in strada. Vanno agevolate soluzioni abitative temporanee (anche con il supporto del terzo settore: ostello sociale) che tamponino le situazioni di precarietà.

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