Estratti da un adattamento ed elaborazione di “The Future of Nostalgia” di Svetlana Boym, 2021, come pubblicato su monumenttotransformation.org

La parola nostalgia proviene da due radici greche: νόστος, nóstos (“tornare a casa”) e ἄλγος, álgos (desiderio). Definirei questa parola come il desiderio di una casa che non esiste più o non è mai esistita. La nostalgia è un sentimento di perdita e rimozione, ma è anche una storia d’amore con la propria fantasia. L’amore nostalgico può sopravvivere solo in una relazione a distanza. Un’immagine cinematografica della nostalgia è una doppia esposizione, o una sovrapposizione di due immagini: la casa e il fuori, il passato e il presente,il sogno e la vita quotidiana. Nel momento in cui cerchiamo di costringerla in un’unica immagine, essa rompe la cornice o brucia la superficie. 

A dispetto delle sue origini greche, la parola nostalgia non si è originata nell’antica Grecia. Nostalgia è solo pseudo-greca o nostalgicamente greca. La parola fu coniata dall ambizioso studente svizzero Johannes Hofer nella sua dissertazione medica nel 1688.

(Hofer suggerì anche monomania e philopatridomania per descrivere gli stessi sintomi; fortunatamente, quest’ultima non è entrata nel linguaggio comune). Non ci verrebbe in mente di chiedere una ricetta per la nostalgia. Eppure nel XVII secolo la nostalgia era considerata una malattia curabile, simile a un forte raffreddore. I medici svizzeri credevano che l’oppio, le sanguisughe e un viaggio sulle Alpi svizzere avrebbero curato i sintomi della nostalgia. Alla fine del XVIII secolo, l dottor hanno scoperto che il ritorno a casa non sempre curava i sintomi nostalgici. Come oggi la ricerca genetica spera di identificare i geni per alcune condizioni mediche, i comportamenti sociali e anche l’orientamento sessuale, così la medicina del XVIII e XIX secolo andava alla ricerca di una singola causa, di un “osso patologico”. Tuttavia, non è stata trovata la sede della nostalgia nella mente o nel corpo di alcun paziente. Un dottor affermò che la nostalgia era una “ipocondria del cuore”, che si nutre dei suoi sintomi. Da malattia curabile, la nostalgia si è trasformata in una malattia incurabile. Un disturbo provinciale, una maladie du pays, trasformata in malattia dell’età moderna, un mal du siècle.

(…) La moderna nostalgia è paradossale nel senso che l’universalità della nostalgia ci può far sentire più in empatia verso le altre persone, ma nel momento in cui cerchiamo di riparare la “nostalgia” con una particolare “appartenenza” – l’apprensione della perdita con la riscoperta dell’identità e soprattutto di una comunità nazionale e di una patria unica e pura – spesso ci separiamo e mettiamo fine alla comprensione reciproca. Álgos (desiderio) è quello che condividiamo, eppure nóstos (il ritorno a casa) è quello che ci divide. La promessa di ricostruire la casa ideale giace al centro di molte potenti ideologie di oggi, ci invoglia a rinunciare al pensiero critico per un legame emotivo. Il pericolo della nostalgia è che tende a confondere la casa reale con quella immaginaria. In casi estremi può creare una patria fantasma, per la quale si è pront a morire o a uccidere. La nostalgia non eletta genera creature mostruose. Eppure il sentimento stesso, il lutto dello spaesamento e dell’irreversibilità temporale, è al centro della condizione moderna.

(…) Invece di una cura magica per la nostalgia, vorrei offrire una tipologia provvisoria e distinguere tra due tipi principali di nostalgia: quella riparatrice e quella riflessiva. La prima sottolinea nóstos (casa), e tenta una ricostruzione transistorica della casa perduta. La nostalgia riflessiva prospera in álgos, la nostalgia stessa, e ritarda il ritorno a casa, con malinconia, ironia e disperazione. Queste distinzioni non sono binari assoluti, e si può sicuramente fare una mappatura più raffinata delle zone grigie ai margini delle patrie immaginarie. La nostalgia riparatrice non pensa a se stessa come nostalgia, ma piuttosto come verità e tradizione. La nostalgia riflessiva si sofferma sulle ambivalenze della nostalgia e dell’appartenenza umana e non rifugge dalle contraddizioni della modernità. La nostalgia riparatrice protegge dall’assoluta verità, mentre quella riflessiva la mette in dubbio.

La nostalgia riparatrice è al centro dei recenti risvegli religiosi e nazionalisti. Conosce due trame principali – il ritorno alle origini e la cospirazione. La nostalgia riflessiva non segue una singola trama ma esplora modi di abitare in diversi luoghi allo stesso tempo e immaginare diversi fusi orari. Ama i dettagli, non i simboli. Nel migliore dei casi, può rappresentare una sfida etica e creativa, non solo un pretesto per le malinconie di mezzanotte. Se la nostalgia riparatrice finisce nel ricostruire emblemi e rituali della casa e della patria nel tentativo di conquistare e personalizzare il tempo, la nostalgia riflessiva protegge i frammenti di memoria frantumati e smaterializza lo spazio. La nostalgia riparatrice si prende molto sul serio. La nostalgia riflessiva, invece, può essere ironica e umoristica. Rivela che la nostalgia e il pensiero critico non sono opposti l’uno all’altro, così come i ricordi affettivi non esonerano dalla compassione, dal giudizio o dalla riflessione critica.

Il XX secolo è iniziato con un’utopia futuristica ed è finito con la nostalgia. La fiducia ottimistica nel futuro è diventata obsoleta, mentre la nostalgia, nel bene e nel male, non è mai passata di moda, rimanendo sempre attuale. Contrariamente a quanto pensasse la grande attrice Simone Signore – che intitolò la sua autobiografia “Nostalgia Is Not What It Used to Be” – la struttura della nostalgia è in tanti aspetti quella di una volta, a dispetto del susseguirsi delle mode e delle innovazioni della tecnologia digitale. In fin dei conti, l’unico antidoto alla dittatura della nostalgia potrebbe essere la dissidenza nostalgica.

La nostalgia può essere una creazione poetica, un meccanismo individuale di sopravvivenza, una pratica controculturale, un veleno, una cura. Sta a noi assumerci la responsabilità della nostra nostalgia e non lasciare che altre persone la prefabbrichino per noi. Il “passato utilizzabile” preconfezionato potrebbe rivelarsi inutile per noi se vogliamo co-creare il nostro futuro. Forse i sogni di terre immaginate non possono e non devono prendere vita. A volte è meglio lasciare stare i sogni (almeno nell’ottica di questa autrice nostalgica), che siano né più né meno che sogni, non linee guida per il futuro. Mentre la nostalgia riparatrice torna e ricostruisce la propria patria con paranoica determinazione, la nostalgia riflessiva teme di tornare con la stessa passione. La casa, dopo tutto, non è una comunità recintata. Il paradiso terrestre potrebbe rivelarsi un altro villaggio Potemkin senza uscita. L’imperativo di un nostalgico contemporaneo: avere nostalgia di casa ed esserne stuf, a volte nello stesso momento.

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