The Convivial Laboratory: tavolo, scuola, comunità

di Linda Di Pietro
Direttrice Artistica, BASE Milano

Accanto al programma performativo FAROUT prevede otto giorni di incontri, laboratori, conversazioni, pranzi e cene che mettono al centro il convivialismo come dimensione pragmatica che accompagna e a tratti disorienta la teoria politica.

Abbiamo scelto di praticare il convivialismo come passo successivo alla creazione di uno spazio comune, riempiendo quello spazio di decisioni condivise, di generosità e di mutualismo.

Negli ultimi anni molte comunità e gruppi sociali hanno sperimentato e dato origine a forme di parentela (dall’inglese, “kinship”) alternativa al di fuori delle strutture di potere prevalenti, dove si coltivano piacere, nutrimento e ricordi. In questo contesto, il tavolo e la cucina intesi come laboratorio diventano un luogo per atti di cura radicali, per sperimentare economie alternative e condividere tempo di riposo e di lavoro.

Un tavolo multiforme, immaginato dai Lemonot, apparirà nel mezzo del festival come luogo vivo in cui si riuniscono la produzione e la condivisione del sapere. Saranno occasioni di apprendimento non formale, di riflessione politica, di memoria geografica, di elaborazione del dolore e di piccole gioie, in compagnia di artist, filosof, ricercat, designer, cuoc.

Questo spazio nasce per promuovere l’idea che le istituzioni culturali e artistiche tornino a promuovere pratiche prefigurative.
Ciò che serve alle piattaforme culturali non è semplicemente una vetrina, ma prendersi cura delle condizioni in cui processi organizzativi come quelli sperimentati dai movimenti e da alcune comunità in contesti protetti, possano diffondersi nel tempo e nello spazio fino a divenire pratiche quotidiane.

All’opposto della società iper-connessa ed iper-mercantile, la mania per i nuovi (vecchi) modi di vita, in cui i bisogni sono ridotti al minimo per garantire l’autosostenibilità, rappresenta una nuova alternativa marginale per vivere bene. Ma se ridurre i nostri bisogni sembra un’idea attraente, è solo una soluzione parziale. Movimenti come il minimalismo o il survivalismo contribuiscono alla negazione del bisogno di comunità e all’accettazione dell’incapacità della società di trovare risposte comuni alle sfide contemporanee. Mentre queste sfide sono comunemente identificate – le chiamiamo comunemente cambiamento climatico, crisi del capitalismo – solo concordare le azioni da attuare per risolvere questi problemi sembra un compito utopico. Lavorare insieme implica il riconoscimento non solo degli accordi comuni, ma anche le divergenze individuali. Se la comunità è solo un bisogno, si è tentati di lasciare che sia il conflitto a governare, ma se la comunità è un desiderio, allora il desiderio prevale sul conflitto e la ricerca di soluzioni comuni, al di là della discordia, diventa possibile. In questo senso, il terreno comune non è sufficiente. Un terreno conviviale può essere una risposta.

Il design, la forma e le proporzioni del tavolo trasmettono diverse possibilità e qualità di incontro e quindi diversi significati. Tuttavia, il tavolo – la linea – spesso non riesce a riunire gruppi più grandi di di persone e innesca gruppi di discussione più piccoli in base alle loro posizioni di seduta. In questo caso, è necessaria un’altra tipologia spaziale – il cerchio – pensata specificamente per l’assemblea per l’assemblaggio dell’intera comunità. In molti progetti, poiché l’aggregazione è un’esigenza fondamentale, viene implementato un altro spazio conviviale: l’agorà, un teatro rotondo dove la comunità può riunirsi.

Spazio di rappresentazione, di discorso, di gioco o di spettacolo, il tavolo, è uno spazio di invito, in cui la comunità del festival si incontra con gli abitanti o gli attori locali.

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