MOÉCA: un’architettura morbida per pratiche radicali di convivialità.

di Lemonot per “The Convivial Laboratory” – FAROUT 2024

C’è un momento, impercettibile ma cruciale, in cui tutto cambia forma. È quel passaggio fragile tra un prima e un dopo, quando la struttura si spezza per lasciare spazio a qualcos’altro. MOÉCA, l’installazione architettonica progettata da Lemonot per il programma The Convivial Laboratory di FAROUT 2024, nasce proprio da lì: da una condizione di attesa, da un disorientamento fertile, da un’identità che si fa fluida.

Il suo nome prende ispirazione da un piccolo granchio della laguna veneziana — il Carcinus Mediterraneus, chiamato in dialetto “moéca” — che nella fase di muta perde il guscio e, per poche ore, resta privo di protezione. Un corpo molle, vulnerabile, ma in piena trasformazione. Così è anche questo grande oggetto metallico, che non si accontenta di essere tavolo, palco o seduta: MOÉCA è tutte queste cose insieme, e nessuna in particolare.

Realizzato con moduli in ferro che si intrecciano in una geometria tentacolare, MOÉCA si estende nello spazio come un organismo in continuo divenire. I suoi elementi si compongono e scompongono in infinite configurazioni, culminando in 14 sedute basculanti che sfidano l’idea di staticità. È un’installazione, ma anche un dispositivo performativo. Un’architettura che si fa strumento di relazione, dove i corpi possono sedersi, spostarsi, dialogare e sperimentare nuove forme di apprendimento e presenza.

Pensato come catalizzatore di pratiche conviviali radicali, MOÉCA trasforma la spazialità ordinaria di BASE in un luogo che accoglie l’imprevisto: non appena si pensa di aver capito come utilizzarlo, si muove, cambia, chiede di essere ripensato. In questo gioco continuo tra forma e uso, tra abitudine e sorpresa, invita a rivedere i confini tra pubblico e performer, tra osservatore e partecipante, tra architettura e coreografia quotidiana.

Il lavoro di Lemonot (Sabrina Morreale e Lorenzo Perri) — si muove da sempre tra architettura, arte e azione collettiva. Con MOÉCA continua la loro esplorazione di un design che non si limita a risolvere problemi, ma apre possibilità. Un design che non teme l’ambiguità, che cerca il gioco e lo scarto, e che mette al centro il corpo come misura dello spazio.

MOÉCA è oggi uno degli oggetti-simbolo della programmazione pubblica di BASE. Non più solo un’installazione temporanea, ma un elemento vivo, abitato ogni giorno da chi attraversa i nostri spazi. Un tavolo che si fa palco, una platea che diventa laboratorio, un’infrastruttura relazionale pensata per chi non ha paura di mutare pelle.

Del resto, in veneziano, “moéche” significa proprio “morbide”.

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