Estratti da “The Autonomist Anomaly” di Felice Moramarco, 2023.

di BASE Milano

(…) Rifiutando l’autorità statale, la disciplina organizzativa, la repressione sessuale, le gerarchie istituzionali, la rappresentanza politica e l’esercizio dannoso del potere, l’autonomia mirava instancabilmente a creare spazi di autonomia per sviluppare forme di vita collettiva al di là dell’autorità dello Stato e della proprietà privata.

Il suo obiettivo era quello di incoraggiare le relazioni sociali produttive facilitando pratiche di soggettività e di generare forme di produzione intellettuale non infette dal virus distruttivo della competizione e dello sfruttamento reciproco. Attraverso il rifiuto deciso di adottare i valori capitalistici dell’etica del lavoro, del dovere e del sacrificio, così come le richieste collettive ostinate di felicità e piacere, Autonomia ha tentato di sottrarre la vita al controllo totale del capitalismo. In assenza di qualsiasi legittimazione formale o esterna, Autonomia impiegò forme tradizionali di lotta politica – manifestazioni, scioperi, occupazioni di fabbriche e università – così come tattiche politiche non convenzionali, come ristanziamenti collettivi, occupazione abusiva, radio pirata, scherzi e scioperi a noleggio. Queste strategie hanno indignato sia i partiti di destra che di sinistra che hanno etichettato il movimento come “osceno”.

(…) Quarant’anni dopo il suo annientamento, possiamo riflettere su come Automia abbia costituito un esperimento politico unico e conseguente la cui eredità continua a perseguitare la politica contemporanea. La dichiarazione di Jamesonian “è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo” è stata ripetuta come un mantra negli ultimi decenni, mostrando sempre più una tragica corrispondenza alla realtà. Le richieste radicali di autonomia, uguaglianza e giustizia sociale che animavano Autonomia risuonano ancora nell’ostinata resistenza dei movimenti di persone che non sono disposti ad accettare l’oppressione e lo sfruttamento come dimensione della loro convivenza. Le lotte dei popoli indigeni per la loro terra e le risorse naturali nelle Americhe, la resistenza del popolo palestinese contro il colonialismo israeliano, le manifestazioni Black Lives Matter negli Stati Uniti e in Europa, la strenua difesa del Rojava da parte dei combattenti curdi di Daesh e dell’imperialismo turco, gli scioperi ambientali globali, la lotta transnazionale delle donne contro il patriarcato e le proteste di Beirut, Santiago e Baghdad che stanno portando milioni di persone per le strade delle loro città a lottare per il loro futuro. Questi mostrano che l’anomalia autonomista continua ad offrire una prospettiva utile attraverso la quale possiamo concepire la politica come una pratica per opporsi all’oppressione e allo sfruttamento, generando nuove modalità di vita collettiva.

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