Estratti da “Per opacità”, di Édouard Glissant, 1990

di BASE Milano

Se esaminiamo il processo di “comprensione” delle persone e le idee dalla prospettiva del pensiero occidentale, scopriamo che esso si basa su un requisito di trasparenza. Per capirvi e quindi accettarvi, devo misurare la vostra solidità con una scala ideale che mi permetta di fare confronti e, forse, giudizi. Devo ridurre.

L’accettazione delle differenze, ovviamente, sconvolge la gerarchia di questa scala. Capisco la tua differenza, o in altre parole, senza creare gerarchie. La metto in relazione con la mia norma. Ti ammetto all’esistenza, all’interno del mio sistema. Ti creo di nuovo. Ma forse dobbiamo porre fine alla nozione stessa di scala. Eliminare ogni riduzione.

Accettare non solo il diritto alla differenza, ma anche il diritto all’opacità, che non è un recinto senza un’autarchia impenetrabile, ma una sussistenza all’interno di una singolarità irriducibile. Le opacità possono coesistere e convergere, tessendo tessuti. Per capirle veramente bisogna concentrarsi sulla trama dell’intreccio e non sulla natura dei suoi componenti. Per il momento, forse, rinunciate a questa vecchia ossessione di scoprire ciò che sta al fondo della natura. Ci sarebbe qualcosa di grande e nobile nell’avviare un movimento del genere, riferito non all’Umanità ma all’esultante divergenza delle umanità. Il pensiero di sé e il pensiero dell’altro diventano qui obsoleti nella loro dualità. Ogni altro è un cittadino e non più un barbaro. Ciò che è qui è aperto, tanto quanto questo lì. Sarei incapace di proiettare l’uno nell’altro. Questo-qui è l’onda, e non tesse confini. Il diritto all’opacità non fonderebbe l’autismo; sarebbe il vero fondamento della relazione, nelle libertà.

è una cosa seria?

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