CASE REMAPPED: due residenze alla ricerca di isole sociali

che sfidano l'ordine sociale, culturale ed economico precostituito

di BASE Milano, Erica Petrillo

Scopri i progetti vincitori:

Dione Roach, artista visiva e comunitaria, e Steve Happi, produttore musicale e ingegnere del suono, sono i co-fondatori di Jail Time Records, un’etichetta discografica non profit nata nella prigione di Douala, Camerun. Jail Time Records promuove l’arte come mezzo di espressione e riabilitazione per i detenuti, favorendo il cambiamento sociale attraverso la musica e l’arte visiva. Il lavoro di Dione include pittura, fotografia e direzione artistica, mentre Steve, dj e produttore, gestisce lo studio registrando e producendo musica.
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Resistenza, visioni ecologiche e politiche alternative  emergono da un’esplorazione collettiva in Palestina, in Libano e nel Levante in generale.
Un progetto di DEMO Moving Image Experimental Politics: Lilly Markaki, scrittrice, curatrice e docente e Felice Moramarco, scrittore e curatore.
Al centro di questo lavoro c’è l’immagine in movimento, che documenta e (ri)attiva il potenziale rivoluzionario di queste visioni.
Scopri il progetto di residenza

“È più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”. ¹

Questa espressione, piena di lucidità e di rammarico per un presente stagnante ed un futuro che sembra negato, si può applicare facilmente a tanti aspetti della contemporaneità. In un contesto di perenne crisi planetaria (culturale, politica, climatica), sembra difficile immaginare delle alternative – figurarsi testarle praticamente.
Eppure c’è chi queste alternative si ostina a portarle avanti. Spesso fuori dai radar principali (per scelta o per necessità), in tutti gli angoli del pianeta, ci sono delle bolle di realtà – delle isole – che sfidano il dogma culturale, sociale ed economico imposto dal capitalismo. Si tratta di realtà che possono apparire piccole se viste come unità a sé stanti, ma che se considerate nel loro insieme costituiscono invece una rete solida e tutt’altro che utopica.

Queste “isole sociali” sono costituite da comunità che si sono ritirate (o sono state esiliate) dalla città, oppure che sono riuscite a ritagliarsi spazi di resistenza all’interno di contesti urbani; sono spazi gestiti da artist, collettivi di lavoratori, cucine e giardini sociali, club, centri sportivi, scuole che sperimentano nuove forme di apprendimento collettivo e mutualismo, proponendo modalità non canoniche di gestione del lavoro e delle risorse. Sono luoghi, più o meno formali, che propongo con la pratica un’alternativa (culturale, sociale e quindi anche economica) allo status quo – quindi un diverso modo di coesistere, di coabitare.

Creare consapevolezza su questi diversi modelli ci aiuta a convincerci che un’alternativa è effettivamente possibile, e quindi a «ripopolare il deserto devastato della nostra immaginazione» (Isabelle Stengers, 2015).

CASE REMAPPED è una call per due residenze artistiche aperte a diversi profili professionali (artist visivi e del suono, performer, designer, architett, curat^, studiosi di scienze sociali e politiche, antropolog) la cui ricerca sia incentrata su isole sociali alternative, ovvero di un luoghi (fisici o digitali) abitati da comunità che stanno sperimentando forme di coesistenza radicalmente collettivistiche.



I progetti selezionati intraprenderanno una residenza di due settimane nel mese di gennaio 2025 a BASE Milano ricevendo una fee di € 3000,00 (al netto di IVA e al lordo di eventuali imposte).
Il percorso di residenza sarà una parentesi temporale in cui l candidat vincit^ avranno la possibilità di immaginare, con l’aiuto dei team di BASE Milano, come manifestare la ricerca sulle isole sociali alternative in una forma che possa essere restituita pubblicamente.

Le candidature selezionate verranno comunicate in questa pagina e sui social di @BASE_Milano nelle prossime settimane.
Per dubbi o necessità scrivici una mail a: residenze@base.milano.it


 ¹ Questa nota espressione, attribuita sia a Fredric Jameson che Slavoj Žižek, è stata resa nota da Mark Fisher nel suo importante testo “Capitalist Realism: Is There No Alternative?”, Zero Books, 2009.

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