Anna Favaretto — The One Dive

di BASE Milano

Un invito a disimparare le logiche coloniali della mappatura, del conteggio e del possesso, e a riconoscere invece il nostro legame con coloro che rifiutano di essere visti.

The One Dive è un incontro con l’assenza, un’assenza carica di vita ma che scivola sempre oltre lo sguardo umano. Le balene del Mediterraneo non si esibiscono per noi, abitano un mondo più profondo della nostra visione, più antico delle nostre rotte commerciali. Eppure, nel Santuario Pelagos, dove dovrebbero essere protette, la loro assenza parla più della loro presenza.

In un mare in cui il 15% del commercio globale attraversa meno dell’1% della superficie oceanica, The One Dive prende lo sguardo umano e lo frattura. Un film verticale, la finestra di un traghetto, un’inquadratura che nega l’orizzonte, costringendo lo spettatore a guardare non verso l’esterno ma verso il basso, nella colonna d’acqua dove le balene possono esistere, o dove possono essere già scomparse. Solo attraverso un monocolo, uno stretto buco della serratura di un altro modo di conoscere, si possono scorgere le cicatrici, immagini d’archivio di corpi feriti, mappati dalle collisioni, dalla velocità, dalla nostra fame di movimento ad ogni costo.

L’installazione non riguarda lo spettacolo, ma il rifiuto. Mette in discussione le fantasie cartografiche della vista umana: lo sguardo satellitare, la mappa che appiattisce, il sonar che comanda, il censimento che richiede prove di vita.

One Dive si immerge nel vuoto, non come mancanza, ma come sfida ai nostri modi di conoscere. Propone un’etica della testimonianza che non richiede visibilità. Le balene non chiedono di essere trovate. Chiedono di avere spazio per esistere. Possiamo creare una parentela con ciò che non viene a galla per noi?

è una cosa seria?

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