Adi Friedman & Ceren Sözer / The Hand Givers –– A Taken Hand 

di BASE Milano

Nel cuore di “A Taken Hand” si cela un’antica pratica divinatoria: la molibdomanzia. Utilizzata per secoli nelle regioni mesopotamiche e in molte altre culture, questa tecnica prevedeva la fusione del piombo e la sua immersione in acqua, lasciando che il metallo solidificato assumesse forme interpretabili da una figura dotata di capacità speciali. Questo rito era spesso eseguito da donne considerate custodi di un sapere misterioso, in grado di allontanare il malocchio e le energie negative dal corpo umano.

Il progetto di Adi Friedman e Ceren Sözer si appropria di questo antico metodo per trasformarlo in uno strumento di ricerca contemporaneo, fondendo tradizione e sperimentazione tecnologica. “A Taken Hand” è infatti un dispositivo costruito a partire da componenti elettronici dismessi, recuperati e assemblati per dare vita a una macchina di divinazione postumana. Questa scelta non è solo estetica, ma rappresenta un atto di resistenza alla produzione neoliberista e all’iper-consumismo: l’oggetto stesso si fa portatore di una politica del riuso e della riparazione, opponendosi alla logica dell’usa e getta.

Il nome “A Taken Hand” si ispira alla tradizione per cui il sapere viene tramandato attraverso il tocco delle mani. Nella medicina tradizionale e nei rituali sciamanici, la mano è il primo strumento di cura, e il passaggio di conoscenza avviene spesso attraverso un gesto simbolico: prendere la mano del maestro per assorbire il suo sapere. Allo stesso modo, questa macchina si propone come un dispositivo di “kin-making”, ovvero un generatore di legami, in cui la conoscenza si trasmette non solo tra umani, ma anche tra umani, macchine e materiali.

Il progetto trae ispirazione da “A Cyborg Manifesto” di Donna Haraway, testo fondamentale per il pensiero postumanista e femminista, che decostruisce le rigide separazioni tra umano e non-umano, natura e cultura, macchina e organismo. In questa visione, la tecnologia non è solo uno strumento di sfruttamento capitalista, ma può diventare uno spazio di relazioni e co-creazione, un luogo di alleanze impreviste tra forme di vita e materiali diversi.

Attraverso “A Taken Hand”, l’atto della divinazione diventa un esperimento di collaborazione con l’incertezza. Il dispositivo non è progettato per fornire risposte definitive, ma per invitare chi lo usa a sostare nell’ambiguità, a esplorare il non-determinato senza la necessità di tradurre immediatamente l’esperienza in una funzione pratica. In un’epoca dominata dalla velocità e dall’efficienza, questa macchina resiste alla mercificazione della conoscenza e della spiritualità, riaffermando il valore dell’intuizione e della connessione tra elementi apparentemente distanti.

Così, l’incontro tra metallo fuso, acqua e scarti elettronici si trasforma in un rito contemporaneo, dove il passato e il futuro si intrecciano, e l’umano si fonde con il non-umano in un processo di metamorfosi continua.

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