Remi Reniers

di BASE Milano

La pietra non è passiva. Contiene l’impronta di mondi passati, parla con linee, fossili, fratture. Possiamo sintonizzarci con il suo linguaggio? Possiamo vedere non solo una lastra scartata, ma una storia di pressioni e trasformazioni, un potenziale collaboratore nella creazione di un mondo più ponderato e meno estrattivo?

Reniers insiste sulla presenza continua delle rocce, e sulla loro capacità di creare nuovi legami. Tagli, lastre abbandonate, frammenti rotti: non sono rifiuti, ma elementi in relazione con la possibilità di diventare. Utilizzando connettori in acciaio personalizzati, Reniers trasforma queste pietre scartate in nuove configurazioni, architetture modulari che rifiutano la permanenza e insistono sull’adattabilità. Una panca, un tavolino, una mensola: questi oggetti non sono semplici mobili, ma testimonianze di un modo diverso di rapportarsi ai materiali, che non richiede dominio, ma collaborazione.

Il mondo del consumo ci dice che i materiali hanno un destino lineare: estratti, modellati, usati, scartati. La pratica di Reniers rompe questa illusione. Ogni pezzo di questa collezione è una contro-narrazione, un rifiuto dello spreco, una celebrazione della capacità della pietra di muoversi, spostarsi e riassemblarsi. I connettori in acciaio non agiscono come vincoli ma come facilitatori di parentela, permettendo a ogni pietra dalla forma strana e dal colore unico di trovare il suo posto senza essere alterata, senza essere costretta alla sottomissione.

Questo progetto non si limita a creare mobili, ma riconfigura le nostre relazioni con la materialità, il valore e il tempo stesso. Insiste: lo spreco è un fallimento dell’immaginazione. La pietra non ci appartiene, ma possiamo imparare a stare con lei, a farle compagnia, a co-creare invece di consumare.

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