“In balìa” è una terrazza di Cagliari piena di segnavento che ruotano, sventolano e ondeggiano, cambiano direzione quando il vento soffia da ponente a levante, è un riflesso dell’acqua cangiante che vibra sulla parete murata di fianco, la rifrazione di luce piegata dall’aria e dall’acqua. Noi abbacinati dal barbaglio, non si sa se stiamo sotto o sopra, o se siamo il liquido stesso, acqua salata, dolce o salmastra, in balìa di venti e correnti, fragili come fuscelli al vento.
Dall’intensità si direbbe che conviene seguire l’andazzo, reagire d’inerzia, lasciarsi trasportare, adeguarsi alle correnti d’aria, marine o di pensiero, calde o fredde, di tendenza o controcorrente. Navighiamo a vista noi, flusso e riflusso, folla in fila, o movimento. A seconda dell’aria che tira, in balìa degli eventi correnti, vediamo da che parte soffia il vento per capire se è a favore o se ci conviene metterci di taglio, oppure chiedere a qualcuna di venire al riparo con noi, o se serve, di farsi scudo a vicenda.
A volte ci pare di essere immerse, come relitti, di stare sott’acqua a tirare il fiato in apnea. Ma qui, noi possiamo guardarci intorno e vedere chi altro c’è e che dice, se ci conviene insieme tentare un salto in favor del vento, per vedere se su si respira, o rimanere di sotto celate a raccontarci tutto quello che ci viene in mente sul mare.