Moéca è il nome che i veneziani hanno dato al granchio locale (comune granchio ripario “Carcinus Mediterraneus”), quando esso arriva al culmine della fase di muta, con la perdita della sua corazza e prima che, in poche ore, a contatto con l’acqua salmastra o salata, se la ricostruisca.
Il grande oggetto metallico progettato da Lemonot per “The Convivial Laboratory” di FAROUT è proprio così: uno spazio che sembra in attesa di trasformarsi – di cogliere quell’attimo in cui il disorientamento si muta in consapevolezza.
Rigido soltanto all’apparenza, Moéca è invece multiforme: accoglie, anticipa e si adatta – prefigurando pratiche di convivialità radicale all’interno degli spazi di BASE Milano. Costruito con una serie di moduli in ferro, tentacolari e tangenti, che culminano con 14 sedute basculanti – è allo stesso tempo tavolo e teatro, palco e platea. Si può comporre e scomporre in mille configurazioni differenti: al suo interno la convivialità si fa strumento per immaginare e sperimentare meccanismi pedagogici nuovi, in cui si apprende attraverso modalità alternative di stare insieme. Non appena si pensa di aver capito come usarlo, Moéca ci chiede di rimettersi in gioco – invitandoci a ripensare le relazioni tra pubblico, attori e attrici, tra noto e ignoto, tra voglia e possibilità. Moéca è dunque un luogo fluido: una geometria precisa da cui, però, nasce un’architettura morbida.*
*D’altronde, in dialetto veneziano moèche significa letteralmente “morbide”.